Serie di ritratti «Get Going!» 2019
Acquisire più materiale possibile e in seguito elaborarlo: questo è il credo di Michel Barengo. Il trentasettenne di Zurigo rifiuta qualsiasi zona di comfort e segue ora il proprio impulso creativo nella scena underground giapponese grazie al contributo «Get Going!».
I campanacci delle mucche, il belato delle capre, il cigolio delle porte, lo starnazzare delle galline, il dolce mormorio del vento tra gli alberi, le sirene della polizia o gli spruzzi d’acqua: nessun suono lascia indifferente Michel Barengo. L’instancabile collezionista di sound ha allestito una straordinaria audioteca di suoni di ogni sfumatura nel suo studio di casa. «Basta sedersi alla stazione degli autobus per dieci minuti a occhi chiusi. Ciò che accade rasenta l’incredibile», afferma raggiante l’architetto del suono con gli occhi che brillano di inequivocabile gioia.
Il trentasettenne di Zurigo non è un semplice hobbista con un debole per la musica fai-da-te, bensì uno dei protagonisti più ricercati nell’ambito della sonorizzazione di videogiochi o della creazione di scenari musicali per il teatro. Nel 2016 si è aggiudicato il premio della FONDATION SUISA per la miglior musica da videogioco. Tuttavia, tali lavori su commissione costituiscono solo parte dell’opera di questo artista dalle mille risorse che promuove la sua identità musicale con una visione molto chiara.
Gli strumenti di cui si è servito per realizzare professionalmente le sue idee creative sono impressionanti. Ha iniziato con il violino e la batteria a cinque anni e in seguito ha dato vita a diverse garage band con i suoi fratelli, suonando punk, metal e rock alternativo. Influenzato da Mr. Bungle e Fantômas, i progetti del cantante californiano Mike Patton, Barengo ha seguito il percorso dell’artista fino ad approdare inevitabilmente alla musica del sassofonista sperimentale newyorkese John Zorn. «Grand Guignol», l’album della band di Zorn Naked City, è stata probabilmente l’esperienza più incisiva nella vita del giovane Michel Barengo. Grezzo e raffinato allo stesso tempo, Zorn decostruisce e ricostruisce la musica a velocità mozzafiato, creando da innumerevoli minuscoli frammenti una nuvola di suoni inedita ed esplosiva.
«L’affinità di Zorn con l’underground giapponese mi ha portato a interessarmi sempre più alla scena experimental e grindcore di quel luogo. Band come Ground Zero, Korekyojinn o Ruins con Tatsuya Yoshida alla batteria, ma anche Otomo Yoshihide ai giradischi e alla chitarra sono stati elementi fondamentali per il mio lavoro sperimentale», spiega Barengo. È impossibile ignorare tali influenze nei suoi due progetti di band, il trio jazzcore Platypus e la band grind noise Five Pound Pocket Universe (5PPU).
La facilità con cui Barengo riesce a muoversi all’interno del suo cosmo di suoni, creando incessantemente ponti tra il suo percorso artistico e i lavori su commissione e percorrendoli agilmente a passo di danza, ha a che fare con la sua formazione professionale. Ha infatti intrapreso gli studi come batterista jazz presso la Winterthur Academy for Modern Music (WIAM) e ha conseguito un master in composizione per cinema, teatro e media presso l’Università delle arti di Zurigo (ZHdK).
L’ecletticità di Barengo è sempre alimentata dal desiderio di realizzare un’estetica tutta propria: lo si può riscontrare nei suoni opulenti, dal sapore hollywoodiano per i videogiochi, nelle grezze miniature della sua band 5PPU o negli arguti collage di campioni di Platypus. Un’estetica che rifugge qualsiasi previsione e impedisce all’ascoltatore di trovare pace, poiché dietro ogni singola nota ce ne può essere un’altra in agguato per sorprendere, mettere in discussione o rimappare ex novo il percorso precedentemente tracciato in un batter d’ali.
La natura dell’opera è anche il risultato del carattere del suo creatore. «Sono un tipo irrequieto», così Barengo descrive se stesso. «Ci sono veramente tanti argomenti che mi interessano. Mi annoio però anche in fretta. Devo semplicemente provare le cose. In fondo è proprio questo che ci sprona: acquisire più materiale possibile e in seguito elaborarlo. Mi piacciono gli estremi e la varietà», dichiara e aggiunge, ridendo: «Questo probabilmente perché a 13 anni ho ascoltato “Grand Guignol”. Ed ecco il risultato».
Barengo si sente a suo agio solo al di fuori della zona di comfort. Anche il suo progetto «Get Going!» nasce dal divario tra due estremi, che lo conduce in un territorio in cui da secoli predomina un’enorme tensione creativa nella discrepanza tra tradizione e modernità. L’amore di Barengo per l’underground giapponese lo ha già portato svariate volte in questo Paese, dove ora intende cimentarsi in un’impresa divisa in tre parti. «In termini concreti, ho in mente un progetto in tre fasi che prevede due soggiorni in Giappone seguiti da una riflessione e un’ulteriore elaborazione in Svizzera», spiega. «Prima di tutto vorrei analizzare la musica tradizionale giapponese e il suo adattamento alla musica contemporanea attraverso sessioni di improvvisazione sulla scena underground di Tokyo. Successivamente incontrerò 12 musicisti giapponesi in altrettanti alberghi, incidendo con ognuno di loro un brano in una stanza, composto da suoni registrati all’interno dell’albergo stesso. Infine, aspetto però non meno importante, esaminerò in Svizzera tutto il materiale raccolto e lo archivierò per i miei futuri progetti di composizione, creando una mia sound library personale». L’artista non vede l’ora di poter realizzare tutto questo grazie al sostegno finanziario del contributo «Get Going!». «Il mio progetto non rientra in alcuna categoria esistente. Non si tratta di una produzione di album né di una tournée e nemmeno di un soggiorno in atelier. «Get Going!» mi libera da qualsiasi vincolo e compromesso sul mio percorso creativo. È semplicemente geniale!», dichiara raggiante. Anche se il viaggio è stato rinviato di un anno a causa del coronavirus, il collezionista di sound e mago del suono non rimarrà certo a corto di idee così in fretta, pur restando in patria.
Rudolf Amstutz